La Tuscia vanta un’antica passione per i cavalli e l’equitazione. Fin dall’epoca degli etruschi ci sono chiare testimonianze in tal senso. Il cavallo ha sempre fatto parte del paesaggio e della vita del nostro territorio. Si è trattato per lunghi secoli di una vera e propria simbiosi che riguardava il duro lavoro nei campi o nei pascoli, il trasporto e, di conseguenza, i più vitali bisogni dell’esistenza. Il cavallo è stato un compagno imprescindibile che ha condiviso il destino di generazioni e generazioni di uomini e donne della Tuscia.
Di che genere fosse questo rapporto emerge chiaramente solo a guardare le due razze equine più tipiche del viterbese: il cavallo maremmano e quello tolfetano. Sono animali rustici, resistenti e potenti, le cui caratteristiche rispecchiano l’ambiente in cui erano prevalentemente usati: il maremmano in acquitrini e paludi, il tolfetano per boschi e campi petrosi. La difficoltà del territorio e la durezza del lavoro ne hanno forgiato i tratti fisici e ne hanno determinato il carattere: animali determinati, infaticabili, leali compagni del proprio cavaliere.
Anche se oggi il loro impiego nel lavoro è per ovvie ragioni assai diminuito (anche se non del tutto scomparso), potrete ugualmente incontrare esemplari di queste razze e montarli per delle splendide passeggiate nel nostro territorio cui questi possenti animali appartengono almeno quanto le pietre e gli alberi tra cui si muovono come in un habitat iscritto nella propria stessa essenza.
Dunque, l’equitazione è sempre stata presente nella Tuscia, e lo è tutt’oggi, sebbene in forme ovviamente diverse da prima. Terminata l’epoca in cui il cavallo era una delle principali risorse per il lavoro e per il trasporto di persone e cose, oggi i suoi impieghi si sono molto diversificati e la dimensione sportiva e hobbistica è diventata predominante. In un passato anche piuttosto recente l’equitazione era considerata uno sport per nobili, adesso non più, e anzi è sempre crescente il numero di persone che si avvicina a questa pratica proprio per i suoi costi non esorbitanti in paragone ad altre attività sportive.
Per questo potrete trovare, disseminati in tutta la Tuscia, quasi 40 diversi centri ippici che hanno raccolto la grande tradizione della nostra terra in fatto di cavalli, ripensandola e adattandola ai bisogni e alle aspettative dei fantini attuali. Sono realtà che sapranno proporvi cavalli amati e curati a regola d’arte, adatti a ogni esigenza, a ogni età e a ogni livello di preparazione, nonché percorsi altrimenti sconosciuti ai normali turisti, ippovie che disegnano sentieri remoti nel cuore stesso dell’identità viterbese. Si tratta non di rado di proposte che implicano una precisa visione del mondo alla cui conoscenza i vari centri ippici invitano con esperienze intense e costruttive. Educazione ambientale, sviluppo sostenibile, educazione assistita con gli animali, riabilitazione e recupero psico-fisico degli stessi cavalli.
Proprio per via della loro capillare presenza, i centri ippici formano una rete estremamente estesa che di fatto consente d’esplorare l’intera Tuscia a cavallo. Da Acquapendente, quasi al confine con Toscana e Umbria, a Bolsena, sulle rive dell’omonimo, grandioso, lago; da Capranica, antichissimo snodo per Roma, a Castel Sant’Elia, con la sua misteriosa valle Suppentonia; da Montalto di Castro, con il mare e il vicino sito etrusco di Vulci, celebre in tutto il mondo, a Tarquinia, altra famosa terra etrusca ma anche incantevole città medievali dalle tante torri; da Orvieto, con il suo duomo abbacinante, a Montefiascone, dominata dalla sproposita cupola del suo duomo e dal leggendario vino “Est! Est!! Est!!!”. E poi ancora, Tuscania, Canino, Valentano, Vetralla e, infine, naturalmente Viterbo, epicentro culturale e storico di tutto questo territorio ridondante di meraviglie e sorprese.
Come ha detto Helen Thomson: “Nel montare un cavallo, noi prendiamo in prestito la libertà”. Ma chiediamoci: cosa sarebbe viaggiare senza libertà? Nulla, dal che consegue che solo chi ha potuto percorrere in sella a un cavallo uno dei mille sentieri della Tuscia che si perdono nel non noto, nel non detto, nel non sentito, sa davvero cos’ è essere liberi, sa davvero cos’è viaggiare.
Proprio per via della loro capillare presenza, i centri ippici formano una rete estremamente estesa che di fatto consente d’esplorare l’intera Tuscia a cavallo.
Da Acquapendente, quasi al confine con Toscana e Umbria, a Bolsena, sulle rive dell’omonimo, grandioso, lago; da Capranica, antichissimo snodo per Roma, a Castel Sant’Elia, con la sua misteriosa valle Suppentonia; da Montalto di Castro, con il mare e il vicino sito etrusco di Vulci, celebre in tutto il mondo, a Tarquinia, altra famosa terra etrusca ma anche incantevole città medievali dalle tante torri; da Orvieto, con il suo duomo abbacinante, a Montefiascone, dominata dalla sproposita cupola del suo duomo e dal leggendario vino “Est! Est!! Est!!!”. E poi ancora, Tuscania, Canino, Valentano, Vetralla e, infine, naturalmente Viterbo, epicentro culturale e storico di tutto questo territorio ridondante di meraviglie e sorprese.
Come ha detto Helen Thomson: “Nel montare un cavallo, noi prendiamo in prestito la libertà”. Ma chiediamoci: cosa sarebbe viaggiare senza libertà? Nulla, dal che consegue che solo chi ha potuto percorrere in sella a un cavallo uno dei mille sentieri della Tuscia che si perdono nel non noto, nel non detto, nel non sentito, sa davvero cos’ è essere liberi, sa davvero cos’è viaggiare.